lunedì 27 aprile 2015

Il mio Bang

Toyo Ito : "la città simulata"

In ogni momento della storia dell’uomo il desiderio di vita nuova è partito da uno spazio nuovo. Negli anni cinquanta per esempio, secondo le regole del buon modern living style, il sogno di tutti era una casa rivestita di alluminio ed invasa dagli elettrodomestici. Ora se si vuole dare un’immagine della vita dell’uomo, bisogna ricercare l’idea di vita perfetta considerando che viviamo nell’era dei personal computers.La ricerca di uno spazio omogeneo, universale e abitabile per l’uomo del nostro tempo è proprio ciò che sta alla base del lavoro sperimentale di Toyo Ito. Egli si chiede quindi come trovarlo dal momento che la nostra vita è quasi a tutti gli effetti simulata. L’ architetto di oggi deve dunque porsi il problema di come creare uno spazio permanente nella realtà contemporanea che è relativa e in continuo mutamento.Quando si crea un’architettura in una città simulata, si devono affrontare due problemi: il come creare un’architettura che sia un’entità, quando si rischia di perdere il significato delle cose in quanto reali;e il come creare un’architettura duratura in una situazione di continuo mutamento.La contraddizione da superare è dunque come realizzare un’architettura reale e uno spazio permanente in mezzo ad una realtà effimera ed in movimento. Ito propone di creare un’architettura fittizia, o meglio, un’architettura che sia un’entità fissa e duratura ma che vesta la maschera della costruzione temporanea e a cui venga attribuito un aspetto fittizio e provvisorio grazie ai giochi della finzione e dell’artificialità. Egli cerca di dare vita ad un’architettura integrata con il paesaggio nascondendo il volume degli edifici in rivestimenti luminosi o di vetro e trasforma lo spazio urbano in uno spazio “sonoro” tramite l’uso della nuova tecnologia.In questo modo l’architetto giapponese tende a creare una trade-union tra lo spazio primitivo, che si rifà alla natura. E lo spazio virtuale, connesso al mondo reale tramite la rete elettronica. Dal momento che l’architettura è sempre servita come mezzo di adattamento all'ambiente naturale, l’architettura contemporanea deve funzionare come mezzo di adattamento all’ambiente informatico; l’architettura oggi deve farsi vestito mediale . L’ architettura è percepita quindi come se fosse un’estensione dell’epidermide dell’uomo, un continuum del senso tattile, perciò in questa dimensione il muro non può più essere pesante e in pietra, ma flessibile e duttile, come un rivestimento, come una pelle. L’architettura ricoperta da tale membrana, funziona come abito mediale.